SHRINKFLATION: anche l’antitrust sta analizzando il fenomeno del packaging

Ridurre il prodotto all’interno delle confezioni mantenendo il prezzo è il cosiddetto fenomeno della #shrinkflation.
Questa parola è un neologismo che deriva dall’unione del verbo inglese “to shrink”, ovvero restringere, ed il termine “inflation” (inflazione). Qualcosa che sta in tutti i sensi alleggerendo i portafogli dei consumatori.
Sta accadendo a fronte dei rincari che le confezioni cambiano su qualche piccolo particolare estetico e aggiungono magari un ingrediente, ma contemporaneamente il peso del contenuto si fa più leggero.
Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica.
Quello che non tutti sanno è che questo fenomeno non è una novità in Italia. La community di Altroconsumo segnala prodotti che a fronte di una riduzione di quantità contenuta, non aggiunge una rimodulazione del prezzo.
Vi è infatti in corso un’indagine dell’Antitrust sulla pratica sempre più diffusa da parte delle multinazionali di ridurre le quantità di prodotto presenti nelle confezioni senza diminuire i prezzi al pubblico.
Attenzione, però: non tutte le riduzioni dei formati sono uguali e, paradossalmente, in alcuni casi potrebbero anche essere valutate in maniera positiva.
È il caso, per esempio, di alcune confezioni di tonno in scatola, la cui riduzione di peso ha interessato il solo contenuto di olio, che normalmente non viene consumato, mantenendo lo stesso quantitativo di pesce sgocciolato.
L’unica arma davvero valida a disposizione dei consumatori è l’attenzione che occorre prestare nei punti vendita: bisogna sempre controllare il formato del prodotto che si sta per comprare, cioè il peso o il volume, e poi verificare il prezzo al chilo oppure al litro.
Voi cosa ne pensate? Vi è capitato di notare queste differenze nel packaging di recente?
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